Fa caldo. L'aria, carica di umidità, plana immobile sulla città. Questo caldo però non mi uccide, mi fa bene. Vedo la gente camminare senza meta, non è persa nei propri pensieri:è persa, semplicemente persa.
Mi è capitato, l'altra notte, di vedere un cinese camminare lungo la strada di fronte a casa mia, passeggiava senza meta, i pantaloni sintetici con la piega, una camicia di pessimo cotone, sicuramente mista a sintetico, quasi sicuramente più sintetico che cotone. Lo sguardo fisso nel nulla, sembrava uno zombie, ho pensato che non riuscisse a dormire e avesse cercato il fresco altrove, senza trovar pace però. E non era l'unica persona a vagare per le strade. Un sentimento di inquietudine mi ha riempito il cuore.
Con la finestra aperta, prego per una brezza leggera, creo correnti d'aria spalancando le finestre, la notte cala lentamente, ma quell'associazione mentale notte-fresco, non arriva.
Squilla il telefono, una voce lontana, quasi sommessa, sembra quasi timido o che parli di nascosto:" Posso passare tra una decina di minuti?" ed io che non avevo riconosciuto il numero di telefono:"Sono a casa, si, puoi passare ma mi ricordi chi sei?". Quasi si mangia le parole, non capisco, poi concentrandomi bene, carpisco il suo accento, la voce giovane: è il ragazzo napoletano dalla grande dote! "Ah, ho capito, si, si, vieni pure ti aspetto".
Eseguo il mio rituale, con questo caldo non lo avevo ancora fatto. Passano le stagioni, cambiano le temperature, i gesti restano gli stessi. Attendo.
"Sono sotto casa". Gli apro e gli ricordo gli ultimi dettagli.
Entra silenziosamente, non spiccica parola, lo sento spogliarsi, scruto da lontano, dal buco. Vedo dei pantaloni corti di jeans, delle scarpe da ginnastica rosse, si sfila la maglietta e mentre si gira vedo un fondoschiena invitante. Liscio, delle chiappette d'oro direi, no, d'oro no, direi di marmo, di marmo di Carrara. Mi tiro indietro, non voglio essere scoperto. Si gira, si avvicina al buco e ci mette l'uccello.
Il suo pene è già sveglio. Lo immagino, mentre si reca da me, già pregustare la mia bocca, le mie labbra e così facendo, naturalmente il suo membro si ingrossava. Non farò fatica a portarlo a piena erezione.
Il suo cazzo giovane, liscio, morbido, profumato, incredibilmente grosso, perfettamente scappellato, curva in alto e leggermente a sinistra. Mi concentro sul suo giovane glande, lo lavoro con le labbra, lo accarezzo con la lingua, affondo lentamente tutta la sua lunghezza nella mia gola, lo prendo con facilità, ma forse ancora non è al cento per cento della sua erezione. Ad ogni affondo nella mia gola, ne sento crescere le dimensioni, ad ogni suo gemito, pulsa più sangue nelle vene dell'asta e l'affare si ingrossa.
Inizio a faticare ad accoglierlo totalmente nella mia gola, oltre alla lunghezza c'è anche la larghezza ad essere aumentata. Mi impegno, voglio sentirlo godere, voglio sentire i suoi gemiti aumentare ad ogni mio affondo. A volte mi fermo ad osservare quella verga stupenda, allora lo massaggio con la mano, mi soffermo sul glande, lo sento gemere ad ogni mio sfioramento e massaggio. Lo riprendo tra le mie labbra, accelero i movimenti, mi aiuto con la mano. "Vai di sega" mi fa con la sua voce timida. Capisco, vuol venire, è allo sfinimento.
Mi allontano, prendo il suo randello nella mia mano e inizio a smanettarlo con vigore, sento il suo orgasmo iniziare, lo sento gemere, i suoi respiri aumentano sempre di più, ed ecco, all'improvviso, esplodere il suo piacere, si lascia andare in un gemito più forte, strozzato in gola, un suono che parte dalla pancia e sale, sale e si ferma in gola poi esce come una liberazione dalle sue giovani labbra, che non posso vedere. Il suo sperma cola copioso, rallento il movimento, spremo il glande per farne uscire il seme, bene e tutto. Mi fermo per pulirlo, lo sento impaziente, non mi da tempo di pulirlo per bene, si ritrae velocemente. Si infila gli slip e i calzoni e si rimette le scarpe, che, solo ora capisco, si era tolto. E' pronto, un silenzioso ciao, detto a mezza voce, che mi dice tutto. Apre la porta e se ne va.
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