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giovedì 16 gennaio 2020

A tutti i costi

È inverno. Le feste sono ormai un tiepido ricordo e le lucine natalizie che decorano strade e negozi mettono solo malinconia, è un tenero ricordo di un momento di festa ormai passato.
Questo freddo ti penetra nelle ossa e ti consuma, nemmeno la vista dell’azzurro e terso cielo riesce a rallegrarti e il sole è troppo pallido e resta in cielo troppo poco. Mi consumo di ricordi e bevo the verde e zenzero mentre aspetto questi uomini vogliosi di spezzare la monotonia quotidiana, di sentire l’adrenalina scorrere vorticosamente nelle vene e sentire il calore della mia bocca, dolce e soave riparo in questo gelido gennaio. Un ragazzo che mi scrive da qualche giorno e che avrebbe optato per un appartamento serale mi avverte che gli hanno cambiato il turno di lavoro e non può passare in serata. Delicatamente e con pudore mi chiede di venire subito. Gli dico che non posso e chiudo la conversazione. Questi strumenti moderni di comunicazione sono dotati di una modalità che a volte mi risulta piuttosto rognosa. Il ragazzo mi manda un vocale e si scusa e non vuole dirmi che passerà per poi darmi buca. La sua voce è calda e profonda dal forte accento romano, nasconde una rude gentilezza che mi colpisce. Immagino questo ragazzone voglioso di provare una nuova emozione e dopo quel vocale non mi sento di dirgli di no. Gli do l’indirizzo e lo aspetto. Il rituale è sempre lo stesso anche se passano gli anni e le sensazioni che mi fanno vibrare sono sempre le stesse. Arriva, gli apro, lo aspetto. La porta si apre e la luce del pianerottolo illumina l’ingresso, lentamente ed esitando la porta si chiude. Uno sommesso buonasera riempie la stanza. Quella voce virile calda e profonda, rude e al tempo stesso gentile. Non rispondo. Il gioco è gioco. Si spoglia delle vesti invernali, slaccia la cinta dei pantaloni, che dolce tintinnio che precede la vista del suo uccello. Esita a metterlo dentro, mi inginocchio lo vedo dal buco mentre se lo smanetta nervosamente.
“Ci sei?” Mi chiede ancora con educazione. “Si ci sono” ed allungo la mano dal buco per afferrare il suo uccello e trascinarlo dentro per rompere ogni imbarazzo. È fatta. È mio. Dolcemente lo accolgo nella mia bocca e lentamente lo sento crescere. È un bel membro duro, largo, con un grande glande gonfio e rosato. Gioco e mi diverto. Il ragazzone è teso ma non posso farci molto se non mettere tutta la mia passione e la mia foga nel farlo



Sento che gode e mi avverte che sta per venire e poi sommessamente e senza troppo clamore dal suo pene esce tanta calda crema che mi rende felice per l’ottimo compito svolto.


Pulisco il ragazzone. Lui lo rimette dentro e mi dice il suo nome. È simpatico e cordiale, mi piace. Sorrido e gli dico il mio nome, lo lascio andare al suo lavoro, lo aspetta una serata di fatica, però sono felice perché ho seguito il mio istinto e questo ragazzone meritava la la sua esperienza, l’ha voluta a tutti i costi!